Non tutte le forze armate indossano una divisa: i servizi e le missioni regolari richiedono la mimetica d’ordinanza, ma quando le operazioni non sono ufficiali? Quando il servizio è in borghese, l’abbigliamento richiesto ai nostri militari è chiaramente differente. Se invece si parla di Contractors, le cose possono ulteriormente cambiare. Vediamo insieme l’equipaggiamento che le forze armate sono tenute ad avere quando non è richiesta la mimetica, e quali sono le differenze tra la vestizione dei soldati in borghese e quella dei mercenari.
Quando si pensa ad una missione o ad un’attività militare all’estero non si può fare a meno di immaginare gli operatori che svolgono servizio nelle loro mimetiche, vestiti secondo il capitolato nazionale stabilito dal Governo di appartenenza. Seppur questa sia la circostanza maggiormente presente nell’immaginario collettivo però, la realtà può essere per alcuni tratti diversa. Ci sono le missioni ufficiali, in cui i militari in uniforme svolgono rigorosamente i compiti assegnati dall’alto, ma ci sono anche servizi di scorta e protezione non ufficiali eseguiti in borghese oppure ingaggi senza appalto a società di sicurezza private (i cui operatori sono i cosiddetti “mercenari”).
Si parla di soggetti differenti, tutti e tre con compiti diversi ma in qualche modo coerenti con l’abbigliamento che sono tenuti ad avere.
I militari in divisa devono essere riconosciuti e identificati come appartenenti ad un determinato Esercito, quelli in borghese no. Questi ultimi spesso vengono inviati in luoghi con situazioni sociali e politiche difficili, per questo devono cercare di non generare ulteriore apprensione nelle popolazioni locali con il loro abbigliamento.
Un esempio pratico e chiaro di militari in borghese si è visto nel film “13 Hours: The secret soldiers of Benghazi”, nel quale sotto la direzione di Michael Bay viene ricostruita la notte libica dell’11 settembre 2012, in cui 6 ‘contractors’ americani, inquadrati nei GRS (Global Response Staff, Guardie di Sicurezza) della CIA, hanno fronteggiato un attacco terroristico alla base segreta dell’ambasciata americana, dove purtroppo morirono l’ambasciatore e 2 dei 6 agenti.
Per quanto riguarda i mercenari invece, non appartenendo ad eserciti nazionali, non hanno un codice da rispettare ma si procurano le vestizioni sulla base dell’esigenza, ed è anche questo, per i Governi che li assumono, uno dei vantaggi rispetto al dispiegamento dell’Esercito: l’esternalizzazione del servizio militare consente allo Stato di non apparire direttamente come autore dell’azione tattica, sia a livello simbolico sia pratico. Non essendo, questi soldati, parte dell’esercito ufficiale, alla loro perdita non corrisponde un dramma nazionale.
In borghese o Contractor?
Vediamo adesso quale può essere l’abbigliamento e l’equipaggiamento dei militari non in divisa e quali sono le differenze tra il soldato in borghese e di ventura.
Il soldato in borghese non indossa mimetismi ma generalmente normali pantaloni cargo, quindi con tasche abbastanza grandi per poter inserire accessori o caricatori, come ad esempio i Pantaloni Cargo Defcon5; alcuni tuttavia preferiscono veri e propri jeans tattici con tasche appositamente studiate per il servizio armato; ne sono un esempio i Greyman Tactical Jeans di Helikon Tex, che hanno passanti ρiυ’ larghi per l’inserimento del cinturone e numerose tasche anche adatte per il trasporto di caricatori. Non si parla solo di pantaloni lunghi però: come vediamo indosso a Pablo Schreiber nel ruolo di Kris ‘Tanto’ Paronto, in presenza di climi particolarmente afosi non è inusuale vedere indossati anche degli shorts tattici come i CPU – Combat Patrol Uniform di Helikon Tex, abbinati magari a normalissime t-shirt a maniche corte in modello tradizionale o tattico.
Parlando di equipaggiamenti, vediamo che il cosciale con fondina è un elemento imprescindibile, sia esso in polimero, come quello di Dave ‘Boon’ Benton (interpretato da David Denman) o in tessuto. Entrambi nella foto (sia quello di Benton che quello di Silva) sono agganciati al cinturone e dotati di sgancio rapido: lo sgancio rapido è essenziale durante le azioni tattiche perché consente, in casi di necessità, di staccare l’accessorio in maniera ρiυ’ veloce e con il minimo sforzo.
Essenziale nell’ambito operativo è ovviamente il gilet tattico: Jack Silva (John Krasinski) ne indossa uno molto simile al modello Operator di 101 Inc, dotato di attacchi modulari su tutta la superficie e arricchito sul fronte da varie tasche tra cui due porta caricatori e una Admin.
Per quanto riguarda gli accessori invece, fedeli compagni di ogni militare sono gli occhiali balistici, come ci suggerisce anche Mark ‘Oz’ Geist (Max Martini) che ne ha un paio dalla montatura spessa e allungata; secondo noi di Italia Militare, uno tra i migliori modelli è l’M Frame Strike di Oakley, indossato anche da Matt Damon nel film Green Zone.
Passiamo adesso ai mercenari. Alcune società di sicurezza stabiliscono che i propri uomini debbano indossare una sorta di divisa, altre no. Per esempio i paramilitari della Wagner russa, cioè quelli che nel 2014 in Crimea occuparono i palazzi del potere di Sinferopoli e Sebastopoli ed imposero un governo filorusso, erano chiamati genericamente “omini verdi” in riferimento alle divise sconosciute che indossavano.
Per i contractors che non indossano una mimetica invece, l’abbigliamento non si discosta poi così tanto da quello dei militari in borghese di cui abbiamo appena parlato.
Possiamo vederli indossare dei pantaloni mimetici e delle combat shirt, ma non è insolito l’abbinamento con delle camicie. Al posto del solito gilet tattico si può avere anche un chest rig, ovvero una sorta di vest che copre solo la parte addominale, dotato spesso di sistema modulare e talvolta completo di tasche.
Tra gli accessori, ampiamente presenti sono le kefiah, accompagnate spesso da cappellini baseball e occhiali da sole. In alternativa, specialmente nelle stagioni fredde, molti optano anche per i passamontagna (a un buco, tre buchi oppure apribili).
Qualche informazione in più sui mercenari…
Richiesta da numerosi stati, la professione del mercenario garantisce grandi introiti agli stati che vi attingono, tanto che negli ultimi 20 anni ha assicurato a varie casse nazionali importanti aumenti del fatturato.
Si tratta di società private più o meno grandi i cui dipendenti si occupano di addestrare, proteggere o combattere – a seconda delle circostanze – in teatri d’azione dove si ritenga talvolta vantaggioso l’invio di soldati di ventura piuttosto che dei militari dell’esercito nazionale. Il vantaggio sta nel fatto che il Governo non è costretto ad aumentare gli arruolamenti, non è direttamente coinvolto a livello mediatico e simbolico nelle azioni che incarica di eseguire, e di conseguenza non è neanche direttamente responsabile delle perdite. Sui contratti senza appalto stipulati con tali agenzie di sicurezza si sa poco, i governi generalmente preferiscono non dichiarare le somme relative agli incassi e alle spese sostenute. Ci sono tuttavia altri numeri resi noti e particolarmente interessanti: durante l’occupazione americana dell’Iraq, per esempio, tre compagnie private sono arrivate ad avere più di 250 mila dipendenti stranieri nel Paese iracheno, i quali per l’85% si occupavano di mansioni non militari (pulizie, mensa) e per il 15% avevano compiti di scorta, guardia, contrasto al terrorismo e interrogatori. Può sembrare una percentuale bassa, ma se si considera che nei momenti più alti della guerra in Iraq morivano più contractors che soldati regolari, la prospettiva cambia.
Nel 2003 in Iraq la stima di mercenari in rapporto ai soldati sarebbe stata di 1 a 10; nel 2017 se ne calcolavano invece 3 contro 1.
La remunerazione di questi operatori paramilitari varia in base alla missione da compiere, allo Stato che li assume, alla mansione che questi soggetti sono tenuti ad assolvere. Si parla di denaro a fine mese nella maggior parte dei casi, ma ci sono anche premi di natura concreta stabiliti dalla nazione ospitante, come le miniere d’oro o di diamanti in Africa, i pozzi di petrolio e le basi navali in Medio Oriente.
L’esistenza delle società di sicurezza private non è un mistero, seppur molti dettagli sulla loro natura e sui loro ingaggi siano ancora nascosti sotto una coltre di fumo. La Wagner russa ad esempio opera in Ucraina, Siria, nel Sahel (e non solo) con uomini russi ed ex sovietici, attivandosi su indicazione di Mosca ma facendosi pagare quasi sempre dai paesi con cui collabora (solo in casi eccezionali è la stessa Russia a remunerare la compagnia). In America nomi molto conosciuti sono Allied Universal e Constellis: quest’ultima include Academi (ex Blackwater), la società di sicurezza proprietaria di un poligono di addestramento da 28 km quadrati, 20 aerei e innumerevoli lanciarazzi in Nord Carolina.
Sulla liceità dell’utilizzo dei mercenari non si hanno grandi certezze pratiche: la Convenzione Internazionale Onu del 1989 ne vieta l’ingaggio ed in generale l’utilizzo, ma solo la Svizzera nel 2015 ha deciso di prendere un’iniziativa concreta e non accettare più la fondazione di società di sicurezza. Anche il Protocollo di Minsk, firmato tra il 2014 e il 2015 per porre fine alla guerra nell’Ucraina orientale, prevedeva al punto 10 la “rimozione di gruppi illegali armati, attrezzature militari, così come combattenti e mercenari […]” e il “disarmo di tutti i gruppi illegali”, ma non è mai avvenuto.
Fonte: articolo “Mercenari e guerra: gli Stati che appaltano il lavoro sporco”, di Battistini, Gabanelli e Nicastro.