Cappello Jungle Boonie: com’è fatto e perché è indispensabile

Il cappello Boonie, in Italia meglio conosciuto come cappello Jungle, è un copricapo a tesa circolare di origine militare, diventato molto celebre durante la Guerra del Vietnam.

È un modello studiato propriamente per l’uso con climi caldi e umidi ed è stato diffuso principalmente dall’esercito americano.
Prima di parlare delle origini però, vediamo com’è fatto:

  • TESA LARGA E RINFORZATA: È la sua caratteristica principale, nonché il suo primario elemento di riconoscimento. La tesa larga consente di proteggersi efficacemente dal sole ed in ρiυ’ di spezzare i lineamenti del volto dell’operatore così da non essere individuato dai nemici. La tesa è rinforzata e leggermente modellabile, in modo da mantenersi sollevata per non interferire con la vista e allo stesso tempo per essere posizionata sul volto come si preferisce. Tuttavia queste caratteristiche, seppur siano pregi nell’uso ordinario del Cappello Jungle, possono trasformarsi in difetti quando esso è bagnato: il peso dell’acqua contenuta nella tesa infatti può farla afflosciare, ostruendo la vista. Per far fronte a questa difficoltà tuttavia, c’è chi suggerisce un trucco del mestiere che vorremmo svelare: cucire un filo di rame lungo la tesa così da mantenerla in posizione. Non sappiamo se questo espediente funzioni davvero, ma perché non provare?

Un esempio di come il cappello Jungle riesca a spezzare i lineamenti del viso massimizzando la mimetizzazione

  • PASSANTI LUNGO LA CIRCONFERENZA: Un’altra delle caratteristiche fondamentali di questo cappello è la presenza, come si vede sul Jungle OMD Vegetato, di passanti posizionati orizzontalmente lungo la circonferenza della calotta, costruiti semplicemente con una fettuccia di tessuto cucita. Questi consentono di applicare fogliame ed elementi naturali sul cappello, così da massimizzare la mimetizzazione. Nel mondo militare l’applicazione di rami e foglie sul copricapo è una strategia semplice ma altamente efficace per garantire la buona riuscita del camuffamento.

Un esempio originale dell’utilizzo dei passanti sul Boonie: non erano usati solo per inserire
il fogliame ma anche per “decorare” il cappello con gli anelli delle granate usate

  • OCCHIELLI CON RETE: Sulle pareti laterali dal cappello spesso sono presenti degli occhielli metallici foderati con una microrete. Essendo un copricapo studiato per l’uso con climi caldi e in luoghi tropicali, i fori servono per favorire la ventilazione all’interno della calotta, mentre la rete è montata per impedire agli insetti di entrare. Sul mercato però si trovano anche delle varianti, per esempio il cappello Jungle in Coolmax di Defcon 5 al posto degli occhielli ha due finestrelle con rete in tessuto che si fissano con scratch. La scelta di questa variante piuttosto che del sistema di ventilazione classico è data probabilmente dalla natura stessa del modello che, avendo all’interno una fascia in Coolmax, è studiato per mantenere calore e quindi per essere usato in presenza di temperature ρiυ’ basse. Le finestre che si possono chiudere e aprire al bisogno quindi, contribuiscono maggiormente alla funzione termica.

Il cappello Jungle di OMD, con gli occhielli in rete chiaramente visibili sul lato

  • BOTTONI AUTOMATICI SUI LATI: La tesa può essere alzata lateralmente e fissata sulla calotta grazie a dei bottoni automatici. Questo è utile per rendere il cappello ρiυ’ maneggevole e per alleggerire la tesa, ma anche per irrigidirla maggiormente e farla stare ρiυ’ dritta sul davanti e sul retro. inoltre, i lati del cappello possono essere alzati anche per ragioni funzionali, come l’indosso di cuffie o altri dispositivi. La presenza dei bottoni laterali tuttavia non è una regola, come nel caso del cappello Jungle di SBB, che nonostante questo si dimostra comunque un accessorio valido.

Un militare americano tiene il cappello boonie sollevato sui lati per consentire l’indosso corretto delle cuffie

  • LACCIO SOTTO IL MENTO: Non è sempre presente, ma quando c’è fa la sua differenza. La cordicella che passa da una parte all’altra del cappello serve, ovviamente, per non perderlo in caso di folate di vento o movimenti bruschi, ma anche per portarlo calato sulle spalle quando non è necessario, pur avendolo però sempre a disposizione. Non solo: la corda può essere anche stretta sopra la testa così da fissare due lati della tesa, nel caso il cappello fosse sprovvisto di bottoni automatici.

Il militare a sinistra indossa il laccio del cappello jungle sopra la testa anziché sotto il mento, così da tenerne alzati i lati

  • TESSUTO: Tradizionalmente il tessuto dei Boonie era il cotone e lo è ancora oggi, ma nel tempo e con l’avanzare delle tecnologie ad esso si è aggiunta anche una percentuale di tessuto sintetico come il poliestere o il nylon, che conferiscono resistenza e assicurano una maggiore struttura al cappello. In ambito militare specialmente, il tessuto che si trova maggiormente è il RipStop, che grazie alla struttura intrecciata previene la lacerazione di eventuali strappi della stoffa. Anche qui però, grazie alla tecnologia, sono state sviluppate delle varianti per soddisfare tutte le necessità, come il tessuto waterproof. MilTec ha infatti studiato un Jungle Impermeabile costruito con tessuto trilaminato, che non si impregna se sottoposto a pioggia e umidità, mantenendo ottime prestazioni durante il servizio.

Impermeabilità e mimetismo: un’accoppiata vincente contro i climi umidi della giungla

Ora che ne abbiamo compreso bene le caratteristiche, non ci resta che scoprire la storia del cappello Boonie, chiamato anche cappello Jungle.

Breve storia del cappello Boonie

I primi cappelli a tesa circolare furono distribuiti ai militari dell’Esercito Americano negli anni ‘30 ed erano inizialmente fatti in denim o in twill a spina di pesce. I Boonie però divennero popolari durante la Guerra del Vietnam, quando venivano fabbricati in mimetismo Tiger Stripe, ERDL (simile al Woodland) o olive green recuperando il tessuto da altre divise o da capi comprati in loco.
È stato dal 1967 che l’Esercito Americano ha iniziato regolarmente a distribuire i cappelli Boonie, designandoli ufficialmente come “Hat, jungle, with insect net” e affiancandoli, o sostituendoli, in servizio, ai già storici “patrol cap” (la nostra “stupida”) e modelli baseball.

Non solo cappelli boonie: con la guerra del Vietnam si è diffuso ufficialmente anche il Mitchell Pattern,
utilizzato soprattutto sugli elmetti. Per conoscerne la storia e le caratteristiche clicca qui!

Origine del nome “Boonie”

Essendo il Boonie un cappello nato durante la Guerra del Vietnam, anche il suo nome trae origini dalle lingue parlate in quella parte del mondo. Non proprio dal Vietnamita, ma dal Filippino. Infatti sembra che la locuzione originaria sia, in filippino, “tagalog bundok”, che significa montagna. Da qui, le parole sarebbero state trasformate nell’inglese americano “boondocks”, ovvero un termine per indicare le zone sperdute, come venivano considerate di fatto quelle del Vietnam, e quindi abbreviato in “boonie” per slang e comodità

Esempi pratici del camouflage realizzato con elementi naturali sugli elmetti

Le varianti del Boonie

Gli americani non sono stati gli unici a indossare un cappello a tesa circolare, perché anche i militari del Commonwealth, in particolare gli australiani, avevano il proprio, riprendendo probabilmente una vecchia divisa britannica. Questo modello di cappello era chiamato “Giggle hat”, dall’inglese “giggle” che significa letteralmente “ridacchiare, risatina”. La scelta del nome non era casuale ma data dalla forma del cappello, che ai militari australiani stessi sembrava ridicola, a causa della tesa più corta e più ripida rispetto al boonie. Questo modello di cappello tuttavia venne ampiamente utilizzato dalle forze del Commonwealth durante la Seconda Guerra Mondiale e durante l’Emergenza in Malesia.

Giggle hat

Salvo questa variante che si può definire “ufficiale”, il boonie ha visto nell’uso anche qualche modifica pratica. Per far fronte al problema della tesa che, da bagnata, tendeva a calare ostruendo la vista, alcuni hanno deciso semplicemente di accorciarla tagliandola, dando vita così ad un modello oggi riconosciuto come “Recce Boonie”, ovvero cappello da ricognizione. Inoltre, alcuni cucivano nella parte interna delle tasche piatte dentro le quali poter inserire i documenti: questo aveva senso quando ci si trovava a svolgere operazioni negli ambienti umidi e bagnati della giungla, perché la testa rimaneva asciutta ρiυ’ a lungo.

Un altro modo interessante in cui modificare il cappello è stato pensato dalle squadre di ricognizione americane durante la Guerra del Vietnam. I soldati cucivano all’interno del cappello un pannello arancione e questo era utile per segnalare alla propria squadra la presenza di aerei in aria semplicemente alzando e abbassando il cappello. Inoltre, se il cappello veniva rovesciato ponendo l’arancione nella parte superiore della calotta, funzionava come un vero e proprio antenato dei raggi infrarossi: il colore spiccato diventava un marcatore per l’estrazione, ovvero rendeva i soldati riconoscibili dall’alto dalle truppe amiche che dovevano prelevarli in caso di emergenza.

Riproduzione in digitale di un cappello boonie
con all’interno applicato un pannello di stoffa di segnalazione arancione

Il boonie, in conclusione, porta con sé una storia interessante che lo ha visto affermarsi ufficialmente come uno dei copricapi militari ρiυ’ utilizzati. È ampiamente scelto per le sue caratteristiche, per la facilità di camuffamento ma soprattutto per la sua struttura a tesa circolare, che protegge maggiormente dal sole rispetto al cappello da campo e a quello da baseball. Insomma, un cappello di successo che siamo sicuri continuerà ad essere scelto.


Questo articolo è offerto da Italia Militare, il più grande negozio online italiano con oltre 10.000 prodotti militari, per l'outdoor e survival!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email NON sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati con il simbolo *

Torna in alto